Obesità

ALIMENTAZIONE & LABORATORIO

L’esplosione di un fenomeno di crescente gravità medico-sociale come l’obesità ha richiamato l’interesse generale dei mass media e del mondo scientifico sull’alimentazione e su precisi e determinati comportamenti alimentari. Uno dei maggiori quesiti a cui si cerca di rispondere in generale, ma soprattutto per quanto riguarda l’universo femminile, è perché sia cosi difficile modificare le abitudini alimentari non corrette. Pur non esistendo una risposta definitiva, si può sostenere con certezza che la globalizzazione dei costumi abbia indebolito le identità individuali rendendo ognuno più vulnerabile alle nuove tendenze. Si assiste alla estremizzazione di una contraddizione storica: da una parte i medici ripetono da sempre le stesse cose sullo stile alimentare, dall’altra si osserva un proliferare di stili e comportamenti alimentari privi di ogni raziocinio. Gli astuti (ed interessati) profeti dell’alimentazione consigliano, quasi in chiave ascetico-filosofica, diete di ogni tipo, facendo leva spesso sulla terminologia e soprattutto sull’impatto che quest’ultima ha sull’immaginario collettivo.

La creazione di una terminologia specifica ha sicuramente contribuito ad innescare un meccanismo di passa parola e a generare nuove mode alimentari che poggiano, talvolta, anche su tentativi di azzardate spiegazioni scientifiche. In questo nuovo linguaggio i termini naturale, sano, biologico, salutistico sono senza dubbio i più abusati. Si tratta di un fenomeno diffuso in modo particolare tra le donne. Esse sembrano le più esposte sia alle tendenze del nuovo consumismo alimentare sia alle patologie direttamente legate all’alimentazione. Penso sia giunto il momento di mettere un po’ di chiarezza. Non solo per collocare ogni cosa nella sua giusta dimensione e pertinenza (anche sul versante delle competenze professionali), ma soprattutto per dare, pur in una veste prettamente divulgativa, indicazioni certe e scientificamente corrette, al fine di mantenere o conquistare, attraverso un’alimentazione corretta, un ottimo stato di salute fisica e mentale. Lo faremo per tappe successive, seguendo la periodicità del giornale.

Il cibo è necessario per fornire all’organismo le sostanze in grado di sostenere la crescita e le funzioni del corpo .

L’essere umano, infatti, è “programmato” per ottimizzare, in senso nutrizionale, tutti gli alimenti ed è dotato di un sistema di bilancio energetico tarato in maniera da ridurre il dispendio, accumulando riserve da utilizzare in periodi di eventuale carenza di apporto. Oggi, però, mangiare è anche qualcosa di più complesso che mette in gioco, oltre ai bisogni fisiologici, anche meccanismi più profondi legati alla sfera psichica e alla percezione di se stessi, ai rapporti con la famiglia e con la società.

Specie nel mondo occidentale, infatti, la funzione primaria del cibo è stata messa in secondo piano: la scelta di che cosa, come, quando, quanto mangiare è diventata più un fatto di cultura e di relazioni sociali che il soddisfacimento di un bisogno naturale. Le abitudini alimentari sono spesso condizionate da mode, modelli e prodotti che propongono, attraverso messaggi mediatici negativi e con scopi diversi da quello della tutela della salute, scelte qualitative e quantitative non adatte o addirittura tossiche per il nostro sistema fisiologico. Un numero sempre più elevato di persone soffre, infatti, di patologie gravemente invalidanti, o direttamente causa di morte, collegate al cosiddetto fattore di rischio dietetico (obesità). I dati dimostrano, infatti, che a partire dagli inizi degli anni ’80 si è assistito nei paesi del mondo occidentale a una vera e propria “pandemia” di obesità. Condizioni di estremo sovrappeso e obesità vera e propria riguardano ormai percentuali del 20-30% della popolazione adulta delle nazioni più ricche. Tale significativo aumento è riscontrabile anche nei giovani in età prescolare e nelle varie fasce dell’età scolare. Il problema interessa soprattutto la fascia di età compresa tra i 6 ed i 13 anni, e “predilige” i maschi rispetto alle coetanee del “gentil sesso”. Sono questi i primi interessanti risultati dell’indagine Multiscopo, condotta dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat), che riportano lo “stato dell’arte” del sovrappeso e dell’obesità infantile ed adolescenziale in Italia.

Questo fenomeno si traduce in una maggiore incidenza della cosiddetta “sindrome dismetabolica” di cui fanno parte 

dismetabolismo glucidico o diabete conclamato, ipertensione  arteriosa ,iperlipidemia (ipercolesterolemia) ed aterosclerosi precoce in grado di indurre una accentuazione della morbilità infantile e conseguente aumento della mortalità prematura nell’età adulta. Le cause dell’obesità sono indubbiamente multi-fattoriali, ma quelle che più hanno contribuito a questo così significativo aumento sono da ricollegarsi soprattutto alle modifiche dello “stile di vita”, in particolare sedentarietà e diminuzione dell’attività fisica, accompagnate da aumentata e/o squilibrata introduzione calorica. Questo è tanto più vero nelle fasce più giovani della popolazione che, se pur hanno visto aumentare le ore mediamente dedicate all’attività sportiva organizzata, hanno praticamente azzerato quella ludico-spontanea trasformandola in prolungata permanenza davanti a TV, computer e videogiochi.   

La parola dieta ha assunto il significato di “un programma dietetico da seguire per un periodo limitato di tempo” e da interrompere una volta raggiunto il peso corporeo desiderato. La dieta dimagrante non dovrebbe mai scendere al di sotto delle 1200 calorie al giorno per non divenire troppo povera di sostanze nutritive.

Se si incrementa l’attività fisica, questa riduzione può essere più lieve e quindi più agevolmente tollerabile, come es. 1000 kcal di deficit energetico al giorno portano a smaltire 10 kg di tessuto adiposo in poco meno di 2 mesi e mezzo. Al contrario, forzare la situazione e portare dei cali di peso molto rapidi è sconsigliabile perché può portare facilmente malesseri come cadute della glicemia e della pressione arteriosa e può indurre un comportamento sbagliato. Infatti, un regime alimentare troppo rigido non può essere seguito a lungo. Chi fa così è esposto fatalmente a recuperare in breve tempo i chili persi.

Inoltre le eccessive privazioni alla lunga stancano ed hanno un assetto psicologico errato facendo fallire tutto il nuovo piano alimentare e provocando frustrazioni che spesso impediscono di affrontare di nuovo il problema anche negli anni seguenti.

Non bisogna commettere l’errore di abolire completamente gli alimenti di questo o di quel gruppo. Tutti i gruppi di alimenti sono utili e necessari per una dieta completa e per il buon funzionamento dell’organismo. Si dovrebbe in ogni caso, ridurre la quota di grassi e carboidrati semplici aumentando il consumo di fibre e di alimenti a basso contenuto energetico e ad elevato potere saziante come i cereali, la frutta e gli ortaggi; è indicato, inoltre, distribuire con cura la propria alimentazione nel corso della giornata.

Per stabilire di quanto è opportuno diminuire l’introito calorico giornaliero bisogna, innanzitutto, valutare con sufficiente precisione e con l’aiuto di uno specialista, biologo o medico che sia, le proprie necessità in base all’età, alla taglia fisica e al tipo di vita che si conduce, che può essere sedentaria o attiva. Poi, è importante controllare la quantità di elementi consumati, imparando a pesare i cibi a occhio, conoscendo, anche in maniera approssimativa, la loro consistenza nutrizionale, ossia la quota di calorie e nutrienti fondamentali contenuti in una porzione di ognuno di essi. È importante, inoltre, considerare che ogni cosa che si mangia è un qualcosa che apporta energia.

Dr Giovanni Rechichi